Issue 11 | 2017

Atti del IX Convegno di studio sull’Alleanza Atlantica La lotta al terrorismo transnazionale: un ruolo per la NATO?

Il presente numero pubblica nella prima parte le relazioni pervenute e pubblicabili presentate al IX Convegno di studio sull’Alleanza Atlantica: La lotta al terrorismo transnazionale: un ruolo per la NATO? Nella sezione Miscellanea compaiono due articoli su aspetti del pensiero cristiano, cattolico e ortodosso, in campo politico.

Indice

Massimo de Leonardis, Introduction

Abstract – La conferenza continua una lunga tradizione di studi sulla sicurezza internazionale e sull’Alleanza Atlantica in particolare, che impegna il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore con il sostegno costante della Divisione di Diplomazia Pubblica della NATO nonché di altre istituzioni militari e culturali. Questo IX Convegno intende far luce sui molteplici aspetti strategici, politici e religiosi della minaccia del terrorismo transnazionale e sulle possibili risposte sul fronte interno e oltremare da parte della NATO.

Massimo de Leonardis, The Historical Role of NATO

Abstract – Fino a pochi anni fa, il compito principale della NATO era lo schieramento “fuori area”. In Europa, l’Alleanza rimaneva “vigilant and prepared”, ma nessuno pensava realmente che ci sarebbe stato bisogno di un intervento. Tuttavia, alla vigilia dello scoppio della crisi in Ucraina, c’erano stati segni che facevano pensare che quella fase stesse giungendo a conclusione. Fra questi, si ricordi il ritiro degli Stati Uniti dall’Iraq e, soprattutto, dall’Afghanistan, dove la NATO stava chiudendo la più importante missione della sua storia. L’emergere della minaccia transnazionale dello Stato Islamico (Dā’ish) non cambiava lo stato delle cose. Allo stesso tempo, il deteriorarsi delle relazioni con la Russia ha portato l’Alleanza all’approvazione del nuovo Readiness Action Plan, a rafforzare il suo schieramento militare lungo il confine orientale e ad istituire una Very High Readiness Joint Task Force di quattromila uomini. Stiamo tornando alla Guerra Fredda? No, dato che il confronto attuale fra NATO e Russia non è da considerarsi alla stregua di uno scontro ideologico globale; piuttosto, la sfida posta da Putin è l’espressione del tradizionale interesse nazionale russo di preservare la propria sfera di influenza. Nel contesto strategico odierno, il rischio principale è dunque che la NATO dedichi troppe risorse alla risposta alla minaccia russa, a spese di altri scenari, a cominciare da quello mediorientale. Una NATO vigile in Europa è un fatto positivo, ma non è abbastanza, se essa non è pronta a fronteggiare la minaccia principale, ovunque essa emerga.

Marco Lombardi, Europe, Transnational Terrorism and Hybrid War

Abstract – Il presente saggio cerca di rispondere ad una domanda fondamentale: “Come mai il concetto di terrorismo è rimasto lo stesso di quello riferito a Brigate Rosse, ETA, IRA e altri gruppi simili?”. Anche se non c’era motivo di convincersi dell’esistenza di un terrorismo “tradizionale”, ciò ci ha permesso di credere che fossimo in possesso di norme e politiche appropriate per combattere questo fenomeno. Il terrorismo del nuovo millennio, è di tipo diverso e può esser compreso solo come parte della nuova “guerra ibrida”, ossia un tipo di conflitto pervasivo, diffuso e demoralizzato, che caratterizza i giorni nostri, con Daesh come attore fondamentale. Il problema è che, per ragioni politiche, tale concetto “invasivo” di “guerra ibrida” non è stato accettato, così che ci si trova tuttora impreparati ad affrontare la minaccia che ne deriva.

Claudio Bertolotti, The Reasons of a No Victory and the Future Perspectives. The New Phase of the Afghan War and the Role of the Islamic State (IS/Daesh)

Abstract – Il 2015 ha visto l’avvio della nuova missione della NATO in Afghanistan: Resolute Support (RS). A causa del deterioramento della sicurezza e dell’incapacità delle forze afghane di garantire un minimo livello di sicurezza, colpite da grandi perdite, diserzioni e forte corruzione, gli Stati Uniti hanno avviato un’ulteriore revisione del piano di disimpegno: uno sforzo pari a 10.000 soldati, oltre ai quali 5.000 militari della NATO, sino a tutto il 2017. Sul terreno, prosegue incontrastata l’offensiva dei talebani, in grado di detenere il controllo di circa il 20% del territorio e la capacità di operare efficacemente in un altro 30%. Inoltre, gli sviluppi del percorso per la pace avviati dal Quadrilateral Coordination Group (Cina, Pakistan, Stati Uniti, Afghanistan ma, al momento, non i talebani) sono in bilico a causa del rischio di tre fattori principali. Il primo è l’impasse politica della diarchia di potere (Ghani-Abdullah), incapace di dare al paese un governo in grado di operare. Il secondo è la frammentazione del fronte insurrezionale, conseguenza della morte del mullah Omar e di una leadership insurrezionale non più condivisa (quella del mullah Mohammad Aktar Mansour). Infine, terzo fattore, è la penetrazione in Afghanistan del nuovo attore della violenza, lo Stato islamico (IS/Daesh), che potrebbe trasformare una guerra di liberazione nazionale (il punto di vista dei talebani) in guerra globale fortemente ideologizzata. È l’evoluzione di un fenomeno che è corretto definire “Nuovo Terrorismo Insurrezionale”.

Andrea Plebani, Il “Syraq” tra “Stato Islamico” e frammentazione

Abstract – The “Syraq” represents one of the main junctures of an arch of crisis stretching all over the Middle Eastern region. While the success of this geo-political term is deeply related with the emergence of the auto-proclaimed “Islamic State”, other factors contributed to the “strategic merging” of two countries whose relations have always been defined by open competition and whose destinies appeared to be – just a few years ago – completely different. A situation that has been deeply affected by what could be defined as a game of shadow played by multiple actors that are altering equilibriums that dominated the area for decades. A competition that risks to threaten the very foundation of the post-first world war order. And, with it, the lives of entire communities. The paper aims at analysing the dynamics defining the Syrian and Iraqi theatres through a multipronged approach taking in exam the evolution of IS presence in the region, the deep fragmentation of the Syrian and Iraqi polities, the critical role played by a wide array of local actors and the influence exerted by key regional and extra-regional players.

Eugenio Di Rienzo, La NATO e la Federazione Russa, dalla crisi ucraina alla lotta contro Daesh

Abstract – The Coup d’État in Ukraine was the moment when the post-Cold War world genuinely ended for Russia. After February 2014, Putin has been remarkably successful in frustrating Western projects on former Soviet territory: he has halted NATO expansion, strengthened the role of Collective Security Treaty Organization, consolidated Russian friendship with China, Iran, India, Afghanistan, Syria, Serbia, Egypt, Greece, Israel, tightened his hold on Crimea, and, thanks to the Ukrainian adventure and the Russian military intervention in Syria, he took the West by an unpleasant and humiliating surprise. Nevertheless, Moscow’s diplomatic restart and the Russian modest military revival did not change the situation. Europe alone vastly outranges Russia in economic strength and military spending. America’s global reach is unparalleled. Despite the refusal by most European States to invest in their militaries, Moscow still lack the strength to stage a continental Blitzkrieg. The NATO-Russia Council (April 20th, 2016) has not led to change anyone’s mind. Sanctions remain in force, even if they have not transformed Moscow’s behaviour, while, by contrast, they have discouraged Russian cooperation with NATO on issues including Islamic terrorism, North Korea, Iran, Iraq, Syria and Afghanistan. Even worse, the Western economic attack has pushed Moscow toward Beijing, despite important differences between the two countries.

Luca Ratti, International Relations Theory and NATO’s Post-Cold War Path: an Ongoing Debate

Abstract – Dopo la fine della Guerra Fredda, prospettive analitiche differenti nello studio delle Relazioni Internazionali hanno fornito resoconti contrastanti circa l’abilità della NATO di sopravvivere al venir meno della minaccia sovietica, mantenendo al contempo un ruolo significativo nel sistema internazionale post-bipolare. Mentre i teorici liberali e costruttivisti hanno ritenuto che l’Alleanza avrebbe continuato a rivestire un ruolo importante, le valutazioni dei realisti sono state più pessimiste, mettendo in discussione la possibilità per la NATO di risultare rilevante in un sistema internazionale in rapida trasformazione. Le analisi neo-marxiste hanno ritratto l’Alleanza come strumento nelle mani di un gruppo di Stati capitalisti impegnati nel perpetrare strategie neo-colonialiste di sfruttamento al di fuori dell’area euro-atlantica. Le prospettive post-positiviste sono altresì risultate critiche, ritenendo che la rilevanza della NATO continui a fondarsi sull’abilità di riprodurre e rappresentare ancora l’Occidente come spazio geo-culturale nonché immagine della sicurezza. Un quarto di secolo dopo il crollo dell’Unione Sovietica, questo dibattito è ancora acceso. La conclusione del saggio è che, mentre la maggior parte dei membri dell’Alleanza mantiene un interesse per la sua sopravvivenza, dinamiche sistemiche di una certa portata hanno considerevolmente minato le visioni liberali e costruttiviste della NATO.

Gianluca Pastori, La NATO e le partnership: un “serbatoio di coalizioni”?

Abstract – The relation between the Atlantic Alliance and its partners has little directly to do with the role that the former can play in the war against transnational terrorism. However, it can exert a relevant influence on its political posture, especially affecting the consensus building process. Since mid-Nineties, the Atlantic Alliance has expanded its geographic scope. While enhancing its operational capabilities and allowing it to extend the reach of its “security umbrella”, this process has made more and more difficult the building of a “meaningful” consensus, i.e. a consensus that is not a mere juxtaposition of multiple national priorities. At the same time, it has deeply affected the Alliance’s structure, promoting the emergence of a sort of “star-shaped organization”, with a central core including the member countries connected in different ways to a loose network of partners, whose participation in NATO’s activities largely rests on the convergence of their mutual interests. This state of things somehow recalls the principle “the mission determines the coalition” that the US administration posed as a base of its security policy when Donald Rumsfeld was Secretary of Defence, in 2001-2006. In this perspective, the “star-shaped NATO” appears as a sort of toolbox, in which the assets of both members and partners can be assembled freely, according to the needs of the different missions and the interest that the subjects have in discharging them. A potentially dangerous situation if – as in present-day fragmented Alliance – no subject can play a balancing role and provide the political guidance that the United States have provided until very recent times.

Davide Borsani, Il ruolo della NATO nella lotta al terrorismo secondo gli Stati Uniti

Abstract – In the aftermath of the 9/11 terrorist attacks, NATO invoked the collective defense article of the Washington treaty for the first time in its history. The United States welcomed the Atlantic solidarity, but it did not involve the Alliance in major combat operations of the so-called war on terror either in Afghanistan or in Iraq. During the Bush presidency, indeed, NATO had been subordinated to the coalition of the willing format, which was more flexible and subjected to Washington’s needs and priorities. Anyway, Allied forces proved to be important in Afghanistan in the post-combat phases of the war on terror. Initially the NATO-led international mission ISAF was a source of convergence between the two sides of the Atlantic, but over the years it turned out to be a source of disagreement. The Obama presidency has shown several continuities with the previous administration, particularly for the marginal role reserved to NATO in combating first al-Qaeda, then the Islamic State. What’s next for NATO in the fight against terrorism when a new President will enter the White House in 2017? Hillary Clinton and Donald Trump are the frontrunners of the two parties, but while for the former NATO is apparently marginal, the latter has already dismissed it as outdated.

Bernd Lemke, From Flank Defence to War Against Terrorism. Germany’s Posture on the NATO

Periphery since the Cold War (1961-2016)

Abstract – Il saggio descrive la posizione tedesca riguardo i temi di difesa e terrorismo e si basa su un’ampia indagine storica sulla NATO, dato che il funzionamento dell’Alleanza è tuttora affidato ai principi enunciati durante la Guerra Fredda nonostante i molti e decisivi cambiamenti strategici, militari e politici dal 1990 a oggi. Durante la Guerra Fredda, la Germania era, seppur limitatamente, preparata a difendere i fianchi dell’Alleanza, soprattutto in termini militari, dato che il punto fondamentale era quello della difesa da possibili attacchi provenienti dal Patto di Varsavia, lungo l’Elba. In termini politici e soprattutto economici, il sostegno proveniente da Bonn, specialmente per il fianco Sud, era maggiore, ma presentava anche chiari limiti. La stessa situazione si presenta oggi. Certamente vi sono stati importanti cambiamenti dal 1990, fra cui il più importante è stata la missione della Bundeswehr in Afghanistan. Tuttavia, la Germania non è ancora preparata ad impegnarsi oltre certe ben precise restrizioni. Nel frattempo, e magari la missione in Afghanistan rappresenterà un’eccezione storica, l’azione politica, militare e strategica della NATO è tornata a concentrarsi sugli stessi confini che aveva durante la Guerra Fredda. Per quanto riguarda la guerra al terrorismo, che non rientra fra le principali competenze della NATO, la Germania, come gli altri membri, farà tutto il necessario per garantire la sicurezza nazionale, tuttavia missioni militari estese sono da escludersi con ogni probabilità.

Stefano M. Torelli, Turkey and NATO as seen from Ankara

Abstract – Le relazioni fra NATO e Turchia potrebbero trovarsi ad un punto di svolta, tanto che recentemente, e come mai prima d’ora, molte critiche si sono levate contro Ankara, arrivando persino a suggerirne l’espulsione dall’Alleanza. Le ragioni che hanno portato a questa crisi sono molteplici: da una parte, l’accusa alla Turchia di aver appoggiato, quanto meno indirettamente, lo Stato Islamico e, dall’altra, il rischio di un confronto fra NATO e Mosca causato nel novembre 2015 dall’abbattimento del jet russo in territorio turco; il paese, inoltre, sembra colpito da una svolta autoritaria in politica interna, con episodi di dura repressione e censura. Non bisogna dimenticare poi come la Turchia sia sempre rimasta focalizzata sulla cosiddetta “questione curda”, percepita come principale minaccia alla sicurezza nazionale, scenario ancor più complicato dall’intrecciarsi con l’evoluzione dello Stato Islamico. La Turchia si trova così al centro di un paradosso, che la vede teoricamente schierata nelle file di un’Alleanza di cui sembra non condividere gli obiettivi. Quali prospettive per nuovi o rinnovati fronti di cooperazione?

Giuseppe Cucchi, L’Italia nel contrasto al terrorismo

Abstract – Building on the experience acquired fighting homegrown terrorism during the “leaden years” Italy has been able to effectively contrast radical Islamic terrorism since its inception. Having realized that the terrorist menace is equally present on both the National and International theatres Italy quickly overcame the previous distinction between the exclusive competences of the public security forces, which only fought terrorists inside Italy, and the armed forces, which faced terrorist only outside of the Italian borders. The two now operate in a coordinated fashion as parts of a comprehensive strategy which until now has been quite effective. Today thousands of soldiers aid the forces of the Ministry of Interiors to control the territory while the Carabinieri participate in International missions together with the other Armed Forces and together with the Italian Police provide training to the security forces of friendly countries, especially in the MENA region. With regards to operations in the Middle East and North Africa Italy is present as one of the major, when not the major, European contributor. The Italian doctrine for participation in international operations requires that a number of conditions be met, such as the presence of a legitimate government, the approval of the UN and a coalition involving other western countries; the absence of these explains why Italy is not operating in Syria and why it is waiting for further developments in Libya. The doctrine however is currently under review, and in so doing Italian authorities will need to take into account, among other things, the results of the implementation of the new White Book on Defence, the outcome of the next NATO summit, and the security and defence policy chosen by the next US President.

Pietro Batacchi, Uomini e mezzi per un intervento italiano

Abstract – The evolution of the international scenario is more and more putting at risk the security of Italy. The threat of Islamic terrorism, the Mediterranean instability and the return of Russia on the international scene, are forcing Italy to take some important decisions regarding foreign and defence policies. The Defence White Paper takes into account all these changes and clearly defines the priorities, primarily the Mediterranean and Europe, and accordingly establishes the scope of intervention of the military. However, Italy still does not seem to perceive the significance of these changes, started after 2011 and the so called Arab Spring, as the same Defence budget 2016 shows. Unlike the other large European countries, Italy has not increased the funds for the Defence and continues to allocate a limited amount of them to the Exercise, in particular to the expenditure for training and maintainance, so that, for example, among other consequences, the Army can only count on 25% of its fleet of vehicles. Such a situation, in the long period, may not be sustainable, considered the relevance of the threat and the further military commitments that Italy intends to undertake.

Miscellanea

Beniamino Di Martino, Società e Stato nel magistero di Pio XII

Abstract – Eugenio Pacelli was born a hundred and forty years ago, in March 1876, and was elected Pope in 1939, assuming the name of Pius XII. He represented one of the major figures of the Twentieth Century, during the tragic period of nationalism, totalitarianism, total politics and subsequent world wars. Many studies, even if not always favorable, have already been conducted on Pope Pacelli’s personality and on his office. Notwithstanding some prejudices, some progresses have also brought new acknowledgements to the conduct of the Pope who led the Church during the tragic years of the Second World War and of the Soviet attempt to extend its dominion during following period. The focus of this essay is the concept of society and of State as emerged during Pope Pius XII’s office. Something worth mentioning is that during his pontificate Pope Pius XII never issued any encyclical letter specifically dedicated to a social theme. However, many times and in a profound way did he express his teaching concerning socio-political matters through his famous radio messages, many addresses as well as in many different occasions.

Rustam Kasyanov ed Ekaterina Torkunova, La questione dei diritti umani nello spazio post-sovietico

Abstract – Following the collapse of the Soviet Union, the so-called “post-Soviet space” has undergone several processes of political, economic, social, cultural as well as juridical transformation. The economic relations, as well as the ones among the citizens of the new independent States, remain very tight. Major developments are to be found in the economic sector, with the Eurasian Economic Union (EAEU) representing the most recent community of this kind. However, the respect of a set of values, rights and fundamental freedoms is the only key allowing the evolution towards a higher level of integration: the essay is mainly focused on the evaluation of this aspect and of the agreements and tools developed in the context of the international organizations operating in the post-Soviet space (EAEU and the Commonwealth of Independent States).

Gli Autori

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