Fascicolo 23 | 2023
Questo numero 23 dei Quaderni di Scienze Politiche si caratterizza per l’impostazione internazionalistica di tutti i suoi articoli, dedicati alla diplomazia e alla politica internazionale.
I primi due articoli riproducono i testi di due relazioni presentate alla giornata di studi Magna Europa cattolica e Occidente atlantico. Convegno di studi in onore del Prof. Massimo de Leonardis, svoltasi all’Università Cattolica del Sacro Cuore il 14 marzo 2023.
Il terzo articolo riproduce il testo, opportunamente rivisto, della lectio che l’Ambasciatore polacco Jan Tombiński, storico di formazione, ha tenuto all’Università di Parma il 5 dicembre 2022.
La seconda parte di questo fascicolo trae spunto dalla tavola rotonda sul tema Rearmaments and Disarmaments after the two World Wars in the XX Century, organizzata congiuntamente dalla Commissione di Storia delle Relazioni Internazionali e dalla Commissione Internazionale di Storia Militare al XXIII International Congress of Historical Sciences tenuto a Poznań alla fine di agosto 2022.
Massimo de Leonardis, Introduzione
Massimo de Leonardis, La Santa Sede e gli “imperi”
Abstract – In the general context of Papal diplomacy’s attitudes towards hegemonic powers, the article considers in particular the relations between the Holy See and the two “empires” which dominated a large part of the world in the last two centuries: The British Empire and the United States of America. Previous hegemons, the Holy Roman Empire, the Kingdoms of France and Spain, shared with the Papacy the common ground of Catholicism and Latinity. On the contrary, the contemporary Anglo-Saxon West is rooted in a Protestant identity. The author presents some preliminary results of his current researches, concerning the Vatican and the Cold War and the diplomatic relations between the Holy See and the United Kingdom from 1815 to 1982.
Bernard Ardura, La Santa Sede e le relazioni internazionali. La sfida della imparzialità
Abstract – The Author outlines the features of Vatican diplomacy in contemporary age. Holy See’s diplomacy is both a State Diplomacy and a Church Diplomacy; in this respect it differs from other diplomacies, being based on values and not just on a method. The pursuit of peace is the paramount scope of the Holy See, a peace which is not just an absence of conflicts or a balance of power, but an international order based on law, truth, and justice. The Holy See must be impartial to foster the dialogue among international actors. The article describes three study cases in which this impartiality was at the centre of delicate situations: Pope Pius VII and Napoleon I in 1805, Benedict XV in the First World War, which he described as «the suicide of civilized Europe», and the Popes during the Second World War and the Cold War.
Jan Tombiński, Diplomazia, religione, storia: esperienze a confronto
Abstract – Understanding and explaining the root causes of political decisions in the country of accreditation plays an important role in the work of diplomatic missions. Beliefs and religious convictions are usually examined for their role in international relations and as a tool during conflicts. Yet, attitudes towards religion may also influence legal, institutional, or societal regulations within every country. Observations based on diplomatic work in four countries—Czechoslovakia/Czech Republic, Bosnia and Herzegovina, France, and Ukraine—illustrate how religious landscapes and sensitivities may foster or weaken the internal cohesion of a society and determine its ability to adopt specific regulations. Knowledge of history, religious literacy, a good sense of observation, and the ability to dialogue with representatives of churches and religious communities belong to the list of important skills for diplomats. Detecting and interpreting the profound reasons for collective convictions allows for proper policy planning and, eventually, conflict prevention.
Luca Iori, Mario Tesini, Postilla
Abstract – Il disarmo, interpretato come proibizione o limitazione di armamenti, ha acquisito importanza nel XX secolo dopo le due guerre mondiali. Prima, le parti sconfitte subivano penalità, ma non disarmo. I conflitti mondiali hanno cambiato l’atteggiamento verso guerra, armi e disarmo. Nel periodo tra le guerre, la limitazione delle flotte navali fu raggiunta tra gli Stati vincitori, mentre la Guerra Fredda portò al riarmo di Paesi come Germania e Giappone e a accordi sulla riduzione delle armi nucleari.
Abstract – In Gran Bretagna, le necessità di austerità economica conseguenti alla Prima Guerra Mondiale generarono una politica, la cosiddetta Ten-Year Rule, che mise la difesa imperiale in una “gabbia” finanziaria per tredici anni, dal 1919 al 1932. Da un lato, il governo britannico riteneva che le azioni aggressive del Giappone nell’area dell’Asia-Pacifico contro i territori dell’Impero non fossero una contingenza da prendere seriamente in considerazione nel breve-medio termine. Dall’altro lato, principalmente per iniziativa dell’Ammiragliato, il governo riconosceva che l’egemonia navale nel teatro andasse preservata a lungo termine e, pertanto, le ambizioni giapponesi potevano rappresentare in futuro una sfida potenziale per la sicurezza dell’Impero, soprattutto agli occhi di Australia e Nuova Zelanda. Con tali premesse si tennero la Conferenza Navale a Washington e le Conferenze Imperiali a Londra negli anni ‘20. Il governo britannico informò i Dominion della sua intenzione di costruire una nuova base navale a Singapore, cercando modalità per condividere l’onere. Emerse la divergenza di opinioni tra i Dominion, compresa la questione del rinnovo dell’alleanza anglo-giapponese. L’espansionismo giapponese all’inizio degli anni ‘30 cambiò la situazione, minacciando la posizione navale britannica nell’Asia-Pacifico e spingendo l’Ammiragliato a chiedere la sospensione della Ten-Year Rule. Alla fine, la “Rule” fu abbandonata dal governo britannico nel 1932, mentre la base di Singapore fu completata nel 1938.
Abstract – Quando il 3 novembre 1918 fu firmato l’armistizio di Villa Giusti, la Monarchia asburgica era già in fase di dissoluzione. L’Austria tedesca, uno degli Stati successori dell’ex Impero, aveva la necessità di creare al più presto un proprio strumento di difesa nazionale. Una Volkswehr provvisoria – ma non in continuità con il vecchio Esercito imperiale – avrebbe dovuto fare da ponte fino alla creazione di un nuovo Esercito regolare, ma il Trattato di Saint-Germain pose fine a qualsiasi idea di Esercito austriaco basato sul servizio nazionale e anche alla Volkswehr. Le restrizioni relative alla qualità e alla quantità di armi e armamenti erano considerevoli. La Conferenza sul Disarmo di Ginevra (1932-1934), concepita in realtà come un’iniziativa per la limitazione degli armamenti, rifletté i diversi approcci alla politica di sicurezza degli Stati europei sulla scena diplomatica e cambiò così il futuro ruolo delle Forze Armate austriache. Con l’introduzione del servizio militare obbligatorio il 1° aprile 1936, fu assicurato il rimpiazzo del personale nella struttura ampliata dell’Esercito e vennero fatti sforzi, seppur limitati, per il miglioramento materiale delle Forze Armate. L’invasione delle Forze Armate tedesche, il mancato dispiegamento delle Forze Armate austriache e l’Anschluss dell’Austria manifestarono in ultima analisi il fallimento di queste iniziative politiche per preservare la sua sovranità. Le dichiarazioni di garanzia all’estero si rivelarono inefficaci in considerazione della presunta debolezza militare dell’Austria e anche della riluttanza della politica austriaca a dare allo strumento militare un ruolo attivo nei propri concetti di politica di sicurezza e comunicare lo stesso in modo efficace all’esterno.
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